venerdì 25 luglio 2008

L'Animatore e la Piramide


Chiunque abbia in testa un progetto, sappia mettere l'anima in azione ed apportare un cambiamento, chiunque crei contesti che facilitino le trasformazioni, magari attraverso la creatività che gli è propria, è un Animatore. Il più grande di tutti lo chiamarono "Creatore".

Mi rendo perfettamente conto di quanto sia arduo sostenere un cambiamento. Ancor più mi rendo conto di quanto sia difficile l’attuarlo. Quello che so’ è che un cambiamento è sostenibile nel momento in cui un sistema entra in crisi. Tutto il percorso storico è stato caratterizzato da un sistema gerarchizzato. Se posso prendere a prestito una metafora usata da uno studioso che stimo, possiamo dire che fin ad ora il sistema era simile ad una piramide al cui vertice era collocato il potere e che in tempi antichi era rappresentato, se non incarnato, da un individuo. Poi, nel desiderio secolarizzante vi si sono insediate oligarchie, lobbyes e burocorporazioni. I mattoni che compongono la piramide sono comparti ordinati da rapporti gerarchici di reddito, status e potere. In questo sistema l’ambiguità è nulla o quasi in quanto basato sulla linearità dei movimenti, sulla prevedibilità. E’ un sistema basato sulla “certezza”. Va però aggiunto che questo sistema era sostenibile in un ambiente a bassa complessità. L’Evo post-moderno è invece l’Evo della complessità, della velocità, delle connessioni, dei policentrismi, della pluridirezionalità, della trasformazione di idee. Si affaccia l’immaterialesimo. Consumiamo più beni immateriali che beni tangibili. L’ISTAT ci dice che drasticamente calano nelle famiglie medie italiane i consumi sul fronte calzaturiero, dell’abbigliamento, e via dicendo ma aumentano invece i consumi sul fronte delle telecomunicazioni; internet, cellulari et cetera. Il problema è che i mattoni di quella piramide nell’attuale sistema sono oramai svincolati dal quel vertice unico. E’ come se la piramide fosse esplosa ed ogni mattone se ne va per suo conto ma, mentre se si trattasse di un frattale avrebbe in sé la capacità di dar conto del tutto, in questo caso ogni mattone si rivela non autosufficiente. E’ chiaro che in questo scenario di ipercomplessità sistemica emergono assieme alle contraddizioni anche i conflitti ed un certo disordine. I mattoni non possono più essere riassemblati con i vecchi sistemi disciplinari poiché è solo la interdisciplinarità che può rendere chiaro ad ogni parte la valenza del tutto. Ragionare quindi, non più per comparti ma, tra comparti. Le parole d’ordine da avanzare in questo sistema psicotico sono; negoziazione continua, connessione e facilitazione alla connessione.
Ragionare tra comparti significa mettere in connessione: pubblico e privato, sociale ed economico, sanitario ed educativo, produttivo e commerciale e via dicendo.
Al momento quindi si prospettano due strade. Una vedrebbe di buon grado il ritorno verso un sistema gerarchizzato, pseudo imperiale e verticale. Un sistema totale, adagiato su dogmi e costruito su sistemi lineari. Per avere questo abbiamo però bisogno di eludere l’incertezza, di evitare l’ambiguità ed allontanare la pluriculturalità a favore di un pensiero unico. A mio parere si tratta di azzerare o rendere minima l’ipercomplessità e, ciò non è più possibile.
Per l’altra strada, che è quella che io indico, occorre che l’individuo per la prima volta nella storia, si attrezzi ed acquisisca competenze ulteriori. Non è più sufficiente saper navigare bene un certo mare, occorre essere attrezzati per poter navigare su mari differenti. Ad una cultura duale si interpone una cultura di gruppo con sviluppi orizzontali ed in cui ogni parte si sente soggetto ed artefice di un cambiamento frutto di negoziazioni continue “qui” ed “adesso”. La logica delle connessioni che sostituisce la gerarchizzazione, ha bisogno di facilitatori. Questo non potrà non portare ad una diminuzione dei livelli di delega e ad una flessibilità delle forme statuali. Il nuovo cittadino sarà quindi pluriappartenente, soggetto anziché assoggettato.

E’ chiaro che la prima strada sia la più semplice e veloce esonerandoci dallo sforzo negoziale e concedendo deleghe che ci permetterebbero di impegnarci meno, di assumerci meno certe responsabilità e, per ciò stesso, di indirizzare le colpe verso un capro espiatorio. Ma è una strada segnata dalla forza della coercizione e che riattualizza un sistema totale ed imposto dall’alto, verticale e che guarda al passato e, se vogliamo, a culture ottocentesche. Se, come suggerisce Di Pietro oggi, si potesse parlare di post-ideologia questo presupporrebbe l’aver preso atto che le idee abbiano avuto modo di connettersi, di comunicare tra loro e negoziare i nuovi bi-sogni facendo in modo che le genti, nel riprogettare il futuro, tornino ad avere la capacità di perseguire sogni. Ma il tessuto è mutato ed il connessionismo è una risposta alla nevrosi imperante che, per timore, si chiude ed erige barriere ad altre possibilità viste come rischiose. Occorre quindi un metodo ed invece che post-ideologie occorre forse noi si parli di new-ideologie.

Mettere ad esempio attorno ad un tavolo attraverso la “Consulta immigrati”, tutte le etnie che esistono a Fermignano, compresa quella italiana, facendo partecipi tutte quelle persone che si sentono motivate al dialogo ed al confronto, è cosa sicuramente non semplice ma che va nella direzione di responsabilizzazione verso il tentativo concesso ad ognuno di trovare soluzioni a riguardo che possano confluire in una sintesi nata da un idem sentire maturato attraverso un percorso difficoltoso ma che porti la sovranità ad avere come soggetto il soggetto stesso. “Il soggetto della Sovranità, è la sovranità del Soggetto”.

Non vedo al momento nessun partito che tenti di muoversi verso l’impegnativo percorso che ho sopra prospettato. I “grillini” o le liste civiche, che secondo alcuni avrebbero qualcosa di nuovo, a mio parere non hanno saputo tradurre il momento di crisi in una nuova prospettiva e non comprendo bene quale sia l’idea di mondo che verrebbe prospettata attraverso loro. Non basta dichiarare di essere un nuovo soggetto per mutare un sistema e, tutti i soggetti “nuovi” che nascono non possono non mettersi in relazione con gli altri o, peggio, dire di essere i migliori. Sono sempre ragionamenti frutto di una logica verticale.

Mirco Marchetti

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