lunedì 29 ottobre 2007

Intervista a Di Pietro

Milano, 23 ottobre 2007 - ATTAPIRATO Di Pietro, perché Mastella lo ha chiamato «un analfabeta del diritto?» Neanche un po’. Valerio Staffelli e quelli di Striscia lo aspettano sul marciapiedi e gli consegnano il tapiro. E lui: «Lo darò a Mastella. Se fosse stato il ministro della giustizia del governo Berlusconi a chiedere il trasferimento del magistrato che lo stava indagando ci sarebbe stata una rivolta. Oggi invece passa il tentativo di mettere il bavaglio e di deligittimare quel magistrato», chiosa l’ex pm in questa intervista in cui parla da Guardasigilli. Di un governo che non c’è e che lui immagina con metà dei ministri di oggi.

L’inchiesta tolta a De Magistris: brutta storia. Come uscirne?
Di Pietro indica una via di fuga teoricamente possibile. «L’avocazione è un fatto tecnico. In questo caso c’è la facoltà del procuratore generale di avocare a sé le indagini. Non è un obbligo, è un fatto di valutazione di opportunità. Io rispetto le decisioni della magistratura. E come rispetto il diritto-dovere del magistrato De Magistris di iscrivere nel registro degli indagati il presidente del Consiglio o il ministro della Giustizia, rispetto il provvedimento della procura generale. Ma ciò che reputo grave è quel che ha determinato la decisione di quella procura generale».

Che cosa?
«L’ha determinata il fatto che, mentre un magistrato indaga sul presidente del Consiglio, ministro della Giustizia e tanti altri personaggi, il ministro della Giustizia attiva una procedura di trasferimento immediato di quel magistrato per incompatibilità ambientale. Così da una parte un magistrato indaga su persone di governo e dall’altra parte queste persone di governo, utilizzando i loro poteri, indagano su di lui. E’ una situazione di conflitto, ma chi ha provocato questo conflitto?».

Che cosa c’entrano i poteri occulti di cui parla De Magistris?
«Io mi sono sempre comportato come San Tommaso, se non vedo non credo. La parola poteri occulti vuol dire tutto e niente. Potremmo ricorrere alla parola usata da Calderoli: è stata una porcata».

Lei ha chiesto un intervento di Prodi sul caso Mastella. Quale decisione dovrebbe prendere?
«Ho chiesto l’intervento di Prodi, o meglio del governo e del parlamento, prescindendo dal caso di specie, perché ormai la frittata è fatta, ed è difficile tornare indietro, anche se un meccanismo c’è, ma richiede tanta di quella umiltà, che la vedo difficile».

Qual è il passo?
«Il ritiro della richiesta di trasferimento da parte del ministro della Giustizia, per non dare l’impressione di voler togliere le indagini».

Non sarebbe una decisione tardiva?
«No, tecnicamente è possibile la revoca di un atto amministrativo. Ma la vedo difficile, se non impossibile conoscendo le capetoste, l’alterigia e l’arroganza dei soggetti protagonisti».

Sta parlando di Mastella?
«Anche. Ma direi di tutta la classe politica in generale. Ma non è tutto».

Che cosa?
«Venuta a mancare la richiesta di trasferimento, il procuratore generale che sta per essere nominato a Catanzaro, e quindi soggetto diverso dall’avvocato generale dello Stato che nella veste di facente funzioni in modo precipitoso ha provveduto a fare quell’avocazione, potrebbe revocarla. E De Magistris potrebbe continuare il proprio lavoro. Ma mi rendo conto di avere dato una risposta accademica».

Con quale accademico risultato?
«Che il politico potrebbe dimostrare di saper fermarsi quando entra in gioco lo Stato di diritto».

Lei ha chiesto al governo di aprire il quaderno giustizia. Che vuol dire?
«Che si faccia una discussione sulla politica giudiziaria, che vogliamo attuare. Chiedo un disegno di legge sulla riforma del codice penale sostanziale e di procedura penale, che riduca il numero dei reati a quelli ad alto allarme sociale, che dia certezza della pena, che riduca i tempi processuali, che ridefinisca i gradi di giudizio, che anticipi la pena anche dopo il primo grado di giudizio, che preveda un piano di edilizia carceraria. Queste e molte altre cose».

Sembra il programma del Guardasigilli. E’ stata una scelta sbagliata affidare il ministero della giustizia a Mastella?
«Non spetta a me giudicare. Ma mi spetta richiamare il governo all’assunzione di una responsabilità collettiva. Non si può banalizzare dicendo: lite Di Pietro Mastella».

Mastella l’ha insulta.
«Mi accusa di fatti, che riguardano vicende private, come la storia della Mercedes, per le quali sono stato già processato. Processi che si sono conclusi nel ’95, ’96 non solo con il mio proscioglimento ma anche con la condanna dei miei diffamatori».

E se Prodi non le rispondesse?
«Se non daremo una risposta rischiamo di andare tutti a casa. Tra poco ci prenderanno a sputi in faccia».

A primavera si andrà a votare?
«Non dipenderà da una strategia ma da un terno al lotto. Dovuto anche al fatto che al Senato, un parlamentare vale più di un partito di maggioranza. Tutto dipende dalla monetina come cade per terra».

Siamo alla casualità, nemmeno più alla navigazione a vista?
«Fossi io presidente del Consiglio procederei ad una ristrutturazione o rimpasto del governo con una riduzione di almeno 10 ministri su 25».

Quali abolirebbe?
«Il mio per primo. E abolirei anche 50, 60 sottosegretari, perché prevedere 102 sottosegretari solo per dare un posto a quelli che sono stati trombati non è un atto di trasparenza politica».

Alla fine dà l’impressione di ritenere inevitabile che si vada alle urne.
«Io però, fossi Prodi, li farei questi tagli».

E i ministeri da tagliare?
«Bisogna ridistribuire le deleghe, che oggi sono date a più ministeri, solo per accontentare più partiti. Prenda la solidarietà, spetta al ministero delle pari opportunità, della famiglia, delle politiche giovanili, della solidarietà, del lavoro. Cinque ministeri, troppe duplicazioni di funzioni».

Dove va Di Pietro? A destra o sinistra?
«Il centrodestra per me sta dall’altra parte».

Grillo, è già passato come fenomeno?
«Ognuno di noi ha il suo tempo. Ma ha un grande merito ancora attuale: aver segnalato l’esistenza di un’informazione alternativa, di aver contribuito al risveglio della voglia di fare politica. E di aver fatto dialogare istituzioni e opinione pubblica».

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