giovedì 6 marzo 2008

Fermignanofilia vs xenofobia?

da: Il Messaggero-Pesaro

di ELISABETTA ROSSI
FERMIGNANO – L’incendio della palazzina infiamma il cuore del sindaco. Il cuore leghista di Giorgio Cancellieri: «E’ vero che c’è il disagio della famiglia marocchina, ma a me preme il disagio bestiale subito da una famiglia di fermignanesi. Fermignanesi doc da generazioni». Marocchine doc sarebbero invece le mani da cui è partita la scintilla che ha scatenato l’inferno di fuoco al civico 17 di via Carducci. Le piccole mani di un bimbo di 3 anni. Esclusi il corto circuito e il dolo, sembra infatti che sia stato il figlio piccolo della famiglia straniera ad appiccare il rogo giocando con un accendino sul divano. In casa con lui c’era lo zio, un uomo di 34 anni, che al momento dell’incendio si sarebbe trovato in un’altra stanza, forse in cucina. «Ci sono pareri contrastanti –continua il sindaco– qualcuno dice che lo zio si sarebbe addormentato con la sigaretta accesa nel letto». Fatto sta che l’incendio ha reso inagibili i due appartamenti, quello del primo piano occupato dagli inquilini marocchini e quello del piano di sopra della famiglia del geometra Falasconi. «Sento il dovere morale – continua – di aiutare innanzitutto i miei concittadini. Non sanno neppure a chi rivolgersi per i danni. Sperano che spettino al proprietario perchè tanto sanno già che dai marocchini non avranno un euro». Non crede che sarebbe potuto capitare anche a dei fermignanesi? «Sì – replica – anche se so per certo che i più grandi problemi vengono creati sempre da famiglie straniere. Abbiamo i servizi sociali intasati dalle loro richieste. Per non dire dei problemi di ordine pubblico».
Il sindaco ci va giù molto pesante. Ma non sembra che ci si faccia scrupoli al momento di affittare le case agli stranieri. «E infatti i primi traditori della nostra terra siamo noi – sbotta – Ci siamo tirati giù le braghe di fronte a loro. Siamo noi a togliere i crocifissi, a non fare i presepi. Tutti quelli che hanno dato le case in affitto ora si sono pentiti. Anche gli imprenditori si lamentano». Non si rischia così di fare di tutta l’erba un fascio? «Sì, e infatti ci sono tanti bravi marocchini che sono i primi a denunciare i connazionali delinquenti».


Considerazioni a margine dell'articolo


La discriminazione è l’anticamera del razzismo affermava il Canestrari ed il nostro Sindaco, o meglio, il Sindaco di chi meglio gli è gradito, discriminando in base al luogo di provenienza, credo possa meritarsi a tutto tondo l’epiteto di razzista “doc” aggiungendo che, sempre secondo un oscuro pseudo pensiero fermignanese, essere razzisti è quasi uno status sociale di cui essere orgogliosi, come ben dichiarava senza falsi buonismi ed ipocrisie il capogruppo di maggioranza consigliare, non ché leghista pure lui, Lunghi Daniele.
Ora, io non vorrei contraddire l’iconolatria che contraddistingue certi personaggi aggrappati ad un simbolismo ingenuo poiché svuotato di contenuti significanti ma, vorrei ricordare a lor signori la storia di quel Martino, poi fatto santo, il quale donava il suo mantello al contaminante lebbroso e, seppur egli fosse un forestiero, senza chiederne il luogo di provenienza o garanzie d’appartenenza tali da fargli appioppare il marchio “doc” Martino prestava aiuto ad un uomo che viveva in stato di bisogno. Questo è lo spirito del cristianesimo e si riassume nel fatto di amare il prossimo come se stessi, di non fare agli Altri ciò che non vorremmo fosse fatto a Noi. E’ del tutto evidente quindi che questo parziale sindaco, facendosi portatore di idee blasfeme e che pongono l’enfasi su termini quali: “traditori”, “denominazioni di origini controllate (doc)” per ciò che attiene alla supposta fermignanesità, “prima i nostri poi, forse, i loro”, si fa interprete e portatore di una delle idee più deleterie e che ben ha veicolato l’anticristo nella storia del pensiero umano degradandolo al ruolo di belva. Stiamo attenti dunque a come certe problematiche vengono gestite, non scivoliamo nel buonismo di maniera, ma neppure può essere concesso a nessuno di far passare certe bestialità che rievocano trascorsi oscuri e dolorosi già conosciuti nei corsi e ricorsi dell’umana storia. Facciamoci piuttosto portatori del verbo e dei valori che quel Cristo morto in quella croce veicolò tra tutte le genti. Non basta tenere appeso ad un muro un crocefisso per dirsi cristiani. A questo proposito voglio concludere con la bella frase di Jaspers: “
..la cultura è un sottile velo disteso su quel vulcano che è l’uomo: ma basta un nonnulla perché il velo si laceri ed erompa dal fondo oscuro un’esplosione di sentimenti e di passioni che hanno origine nella storia ancestrale dell’uomo”.

Saluti,
Mirco Marchetti


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