sabato 21 giugno 2008

Piccolo Dizionario economico-finanziario ad uso comune.


Lo scopo:

Prima di tutto, grazie a Mirco che mi consente di utilizzare questo spazio che ha come scopo quello di voler essere utile per cercar di capire il significato di termini entrati nell’uso comune, ma che, spesso, non sappiamo “maneggiare” opportunamente. Iniziamo dal Pil (Prodotto Interno Lordo): ne sentiamo parlare tutti i giorni, dunque cerchiamo di capire cos’è.

Il Pil
L’ inventore del PIL è un’economista statunitense di origine russa che porta il nome di Simon Kuznet, (premio nobel nel 1971) che a proposito del PIL disse nel 1964 che "si deve tenere presente la differenza fra la quantità e la qualità della crescita. fra costi e benefici, fra breve e lungo periodo. Un obiettivo di "maggiore" crescita dovrebbe specificare la crescita di cosa e per cosa"

Il PIL è il valore di mercato di tutti i beni e servizi finali prodotti in un paese in un dato periodo di tempo. Chiariamo i vari termini che entrano in questa definizione:

- valore di mercato: i beni e i servizi che entrano nel PIL sono valutati ai prezzi di mercato (correnti), cioè ai prezzi a cui vengono effettivamente venduti;

- tutti: meno quelli prodotti e venduti illegalmente; meno quelli prodotti e consumati all’interno delle famiglie;
- finali: la farina è un bene finale se venduta come farina; un bene intermedio se venduta al fornaio per fare il pane. In questo caso il valore della farina viene incorporato nel valore del pane;
- prodotti: il PIL misura il valore dei beni e servizi prodotti in un anno, non le transazioni di un anno; così ad esempio, le auto nuove che vengono vendute e acquistate fanno parte del PIL in quanto prodotte nell’ anno, mentre la compravendita di auto usate non è registrata nel PIL;

- in un paese: il PIL misura ciò che è prodotto in Italia, non ciò che è prodotto da Italiani. Gli italiani possono anche produrre all’estero, mentre in Italia possono produrre anche soggetti stranieri.

Il PIL include dunque ciò che è prodotto da soggetti esteri in Italia ed esclude ciò che è prodotto da soggetti italiani all’estero. Un esempio è utile a chiarire il concetto: si supponga che in un’economia esistano due sole imprese. La prima produce farina (mugnaio) per un valore complessivo di € 50, impiegando lavoro, al quale paga salari pari a € 10 e la seconda (fornaio) produce pane per un valore pari a € 100, impiegando farina per un valore di € 10 e lavoro, al quale paga salari pari a €= 40. Qual’è il PIL di questa economia? Non è il valore complessivo della produzione (€=50+100=150) perché 10 €= di farina sono consumati nella produzione di pane; quindi non sono beni finali. Il PIL sarà dunque pari a €:

PIL = 50 + (100 - 10) = 140
Implicitamente, abbiamo calcolato il PIL utilizzando un metodo che viene chiamato: metodo del valore aggiunto. Il valore aggiunto da un’impresa alla produzione è pari al valore della sua produzione al netto del valore dei beni intermedi utilizzati nella produzione. Nel nostro esempio il mugnaio non utilizza beni intermedi; quindi il valore netto della sua produzione coincide con il valore lordo: € 50. Il fornaio, viceversa, impiega € 10 di farina; quindi il valore netto della sua produzione è pari € 100-10=90.

- Un altro metodo per calcolare il PIL è il metodo del reddito. Infatti, la differenza tra valore della produzione e valore dei beni intermedi in ogni impresa non può che andare a remunerare i lavoratori (salari), al pagamento di imposte indirette, a profitto dell’impresa (distribuito o meno agli azionisti). Nel nostro esempio non ci sono imposte indirette e quindi la differenza in questione non può che essere pari ai salari più i profitti: PIL = Reddito = Salari + Profitti = (10 + 40) + (40 + 50) = 140. Nel nostro esempio il reddito da lavoro rappresenta il 35,71% del PIL ( 50/140 • 100), mentre il reddito da capitale rappresenta il 64,29% ( 90/140 • 100).

Fine prima parte

di Leonardo Fraternale

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